Quella a sinistra sono io, quella a destra mia nonna. Doveva essere su per giù il 1984.
Qualche anno fa mia mamma arrivò da me chiedendomi di poter ingrandire questa foto. Io lo feci e qualche mese dopo la regalai a mia nonna che di anni ormai ne aveva 90.
A questa foto è legato uno dei più bei ricordi che ho di lei. Ed è inevitabile per me pensare che quel ricordo c’è soltanto perchè 30 anni prima qualcuno questa foto ce la fece e, all’epoca, l’unica via possibile per vedere una foto era quella di sviluppare un rullino e stamparlo.
Oggi ci si sente sempre più reietti a stampare. Siamo così abituati allo scatto facile, che del resto nessuno ci pensa più.
Tutti noi diciamo “beh, tanto ce l’ho sul computer” ma pochi di noi si fermano a riflettere che quelle stesse foto che oggi noi trentenni sfogliamo di tanto in tanto a casa dei nostri genitori, sono le uniche che i nostri stessi figli o nipoti potranno ancora sfogliare e conosccere.
L’aprire un album accanto ai nostri cari bevendo una tazza di caffè e rispolverando ricordi dimenticati. Ecco, quelli sono momenti sublimi che dopo la nostra generazione pochi avranno ancora il piacere di vivere.
Ecco perchè sono così legata alla stampa. Ecco perchè credo profondamente che valga cento volte di più una fotografia ben fatta che cento file di cui fra due generazioni nessuno avrà più il ricordo.
C’è un attore che nel suo personaggio usa sempre un detto simpatico ma vero:
“Quello che tu sei io ero, quello che io sono tu sarai”.
Curiamo questo detto anche sulla carta, stampiamo e lasciamo un segno.
